Calcio
Braccagni, intervista a Federico Ombronelli: “Il calcio è tutto”
In un calcio come quello moderno, dove è difficile ritrovare i vecchi valori dello spogliatoio, Federico Ombronelli, trentadue anni, vice capitano del Braccagni nel campionato di Terza Categoria, è sicuramente un esempio di grande dedizione. Difatti, seppur i molti impegni lavorativi che lo hanno portato nella città di Alessandria, è riuscito comunque a portare avanti questa sua passione, continuando ad indossare i colori giallo verdi.
È proprio lui a raccontarlo a Grosseto Sport.
Ricordiamo che hai vestito diverse maglie importanti nel calcio maremmano, quali Alberese, Nuova Grosseto e Bracccagni. Quale esperienza porti nel cuore? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
«Sicuramente la più bella esperienza l’ho vissuta all’Alberese. Qua ho iniziato a giocare un calcio da adulti perché si tratta anche della mia prima esperienza in una prima squadra, ed è proprio per questo motivo che la porterò sempre nel cuore. Di aneddoti ce ne sarebbero infiniti… ma voglio raccontarne uno che mi strappa tutt’ora un sorriso quando ci penso. Mister Francioli, allenatore dell’Alberese a quel tempo, durante un allenamento mi chiese di entrare duro anche nelle partitelle; io non ci pensai due volte e misi subito in pratica questa sua richiesta. Tempo di iniziare la partita durante l’allenamento che dalla foga detti un calcio proprio a lui che giocava nell’altra squadra, ovviamente non facendoci apposta. Questo, per far capire anche che dovevi sempre tirare fuori gli attributi in questi tipi di squadre, vieni rispettato solo se ti vedono sempre sul pezzo, e sempre con la voglia di metterci il 200%».
In un calcio come quello moderno, dove esiste una sorta di crisi di valori, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni, tu sei un esempio di dedizione. Negli ultimi anni infatti, pur lavorando ad Alessandria, sei riuscito comunque a portare avanti questa passione. Raccontaci la tua esperienza.
«Si, per motivi di lavoro mi sono dovuto trasferire ad Alessandria e ci sono stato per ben tre anni. E la cosa successiva che ho fatto a trovare una casa è stata proprio quella di trovare una società sportiva dove allenarmi. Infatti, è stato grazie al calcio che ho superato in maniera più tranquilla la lontananza dalla mia casa, dagli amici e dalla mia famiglia. Grazie all’ “ASD Don Bosco” sono riuscito a portare avanti questa mia grande passione, oltre al fatto che mi ha dato l’opportunità di fare tantissime nuove conoscenze, tra cui tanti amici che sento e vedo ancora oggi con grandissimo piacere. Il calcio è tutto, non c’è niente da fare».
Com’è stato allenarsi in una squadra di un’altra regione? Hai trovato delle differenze rispetto al calcio maremmano?
«Effettivamente, all’inizio, ho avuto un impatto abbastanza difficoltoso… avevano dei ritmi completamente diversi rispetto ai nostri. Gli allenamenti erano sempre tirati, ed una cosa che notai subito fu quella che si davano consigli e si riprendevano tra di loro, anche senza il commento del mister. Ma dopo una certa fatica iniziale, sono riuscito ad entrare nella loro mentalità di gioco. È stato un momento molto produttivo ed educativo per me. Non voglio assolutamente dire che il nostro tipo di allenamento non va bene, ma oggettivamente noi siamo un po’ più tranquilli e credo di non aver mai sentito un compagno riprendere un altro o dargli qualche consiglio. Sicuramente sarà dovuto anche al fatto della categoria, seppur a mio parere non dovrebbe essere così».
Cosa pensi sia cambiato nel mondo del calcio dilettantistico da quando hai iniziato a giocare ad oggi?
«Sicuramente è cambiato il rapporto e il rispetto dei giovani nei confronti dei più grandi. Per quello che vedo io nella mia squadra non è più possibile dare consigli o puntualizzare qualcosa… c’è sempre chi non accetta commenti o comunque che se la prende. Ma, dall’altra parte, anche noi più grandi probabilmente non trasmettiamo la giusta voglia, e il giusto modo di allenarsi. Quindi sicuramente, a mio parere, è cambiato il modo di approcciarsi, in primis agli allenamenti ma anche alla partita stessa. Quando ero più giovane e la domenica avevo la partita, il giorno prima cercavo di avere serate tranquille, oggi di certo non è più così».
Un progetto per i prossimi anni?
«Il calcio è e rimarrà per sempre una mia grande passione, ma se devo pensare al futuro, ora come ora, penso al fatto che mi piacerebbe formare una famiglia e riuscire a crearmi una carriera nel lavoro che sto facendo. Con il passare del tempo vorrei riuscire a raggiungere uno status lavorativo che mi permetta di non avere più problemi in generale. Una delle cose che mi auguro è però quella di rimanere sempre e comunque quello che sono adesso e andare sempre a testa alta, come penso di poter fare».