Calcio
Follonica Gavorrano, capitan Dierna: “Qui sono a casa mia”
Il capitano e ministro della difesa biancorossoblù ha firmato per un’altra stagione alla corte del presidente Paolo Balloni. Emilio Dierna sarà per un altro anno – il quarto – il baluardo della retroguardia del Follonica Gavorrano.
Un matrimonio di quelli romantici, con entrambe le parti – la società e il forte centrale che gioca con il numero 5 – che vanno a braccetto con amore e lo faranno anche nell’annata 2023/24.
Ormai il Follonica Gavorrano è casa sua. «La sento casa mia – racconta il capitano – considerando anche che è la squadra con cui ho militato più stagioni in carriera. Mi fa piacere essere apprezzato soprattutto a livello umano, questo riesce a farmi rendere al massimo. Sono stato nominato capitano e ho la fortuna di avere ragazzi intorno a me che mi supportano e mi sopportano. Quindi è stato un percorso di continua crescita in questi anni».
Quali sono le soddisfazioni più belle che si è tolto nelle ultime tre stagioni?
«Sul campo ci sono state tante partite positive. Però credo di essere cresciuto come competenza nel Follonica Gavorrano. Avendo delle responsabilità sono migliorato a livello di comunicazione con i compagni e con la società. Sono meno impulsivo in determinati momenti e ragiono di più. Dal mio punto di vista questa è la soddisfazione più importante. Insomma, mi sento cresciuto come uomo. Sicuramente, per quanto riguarda il campo, la Coppa Italia è un traguardo storico per la società. Abbiamo fatto le ultime due stagioni in maniera positiva. Sappiamo che, con umiltà e senza presunzione, abbiamo nelle corde qualcosa di più. Questa società ha dei valori importanti che vanno messi sul campo e dimostrati».
Le regole sulle quote della Serie D sono stringenti, ma con un capitano di esperienza come lei i giovani sembrano crescere in fretta…
«L’esperienza in una prima squadra è certamente molto più formativa che in ogni altro campionato giovanile. Si gioca con gente più matura e che ha famiglia, gente con degli obiettivi. Quindi per un giovane la percezione del risultato è motivo di crescita. Io credo di essere una risorsa per i miei compagni sia più giovani che meno, perché cerco di trasmettere la mia passione. Poi sono il primo a sbagliare, ma tutti i giorni vado al campo cercando di migliorarmi e questo esempio credo che per i ragazzi sia fondamentale, sono cresciuti tantissimo e hanno fatto cose buonissime. Per loro è importante riuscire a migliorarsi e di conseguenza alzano il livello della squadra. Questa è una palestra non solo per il calcio, ma anche per la vita».
Classe ’87, quest’anno ha compiuto 36 anni, ma vedendo l’entusiasmo sia in campo che fuori sembra avere 10 anni di meno. Qual è il segreto?
«Io amo quello che faccio, vivo di calcio 24 ore su 24 e mi piace studiare, guardare le partite, informarmi. L’ho sempre fatto, il calcio mi ha permesso di essere quello che sono oggi. Non so cosa avrei fatto se non avessi fatto il calciatore, sono riconoscente a questo e sto cercando di formarmi per rimanere in questo mondo. C’è la passione che è la base di tutto, di conseguenza sto cercando di acquisire competenze nei vari ruoli. È un mondo sempre in evoluzione e in cambiamento, ma quello che rimane sempre uguale è la passione: io ce l’ho e me la tengo stretta, probabilmente è quello il mio segreto».
Un difensore con il vizietto del gol, nell’ultima stagione ne ha messi a segno 4, in carriera una trentina. Meglio un intervento che salva il risultato o un gol con una bella incornata su calcio d’angolo?
«Sicuramente un intervento che salva il risultato, io sono della vecchia scuola. Per me un difensore deve dare solidità ed essere arcigno. Il calcio si è evoluto e anche io negli anni mi sono dovuto evolvere, cambiando il mio modo di giocare. Ma il diktat per me è sempre quello. Poi se un difensore va anche in gol è tutto di guadagnato, ma per me il difensore deve difendere e oggi dare anche una mano alla manovra».
Parliamo un po’ dell’ultima stagione. Che annata è stata?
«È stata un’annata intensa, forse partita non benissimo. Ma sono cambiate molte cose durante la stagione e alla fine del percorso penso che sia stata un’annata positiva. Siamo arrivati quarti e probabilmente potevamo fare anche qualcosa in più, ma allo stesso tempo la squadra ha dato tutto quello che poteva. Non ci sono mai stati comportamenti sbagliati, sia in campo che fuori, quindi alla fine penso che sia stata un’annata positiva. Noi vogliamo sempre essere competitivi e stare nelle posizioni che contano».
Nel torneo Passalacqua dedicato alle formazioni Juniores invece fa l’allenatore in seconda. Sono già le prove per una futura seconda carriera in panchina?
«In realtà per il dopo carriera sul campo ho le idee chiare: voglio fare il direttore sportivo e imposterò la mia strada su quel tipo di soluzione. Come allenatore probabilmente non potrei dare quanto invece penso di dare come diesse. A me piace vedere le partite, conoscere e scegliere i giocatori. Conosco tutti i giocatori dalla Serie A alla Promozione di tutta Italia, compresi i trasferimenti e le ex squadre. Con i ragazzi nello spogliatoio spesso ci divertiamo con i quiz sull’almanacco. Il mio idolo è Cristiano Giuntoli, lo seguo da tanti anni e ci ho anche fatto una tesi, mi ispiro a lui. Poi nel calcio si fanno i programmi ma spesso succedono tante cose, è un mondo veramente complicato, ma ho la convinzione di poter dare un contributo».
Pensiamo invece al presente e al futuro a breve termine: obiettivi per la prossima stagione?
«A livello di squadra per noi sarà fondamentale crescere ancora ed essere protagonisti. Dobbiamo fare in modo che una società importante come questa sia orgogliosa di noi e delle nostre prestazioni. Compreso avere comportamenti adeguati in tutte le situazioni. A livello personale spero di essere una risorsa per i miei compagni, per la società e per tutto il movimento del Follonica Gavorrano. Da soli non si va da nessuna parte, conta la squadra e io ho sempre ragionato in questo modo. Abbiamo già un’ossatura rispetto alla scorsa stagione e anche a livello caratteriale abbiamo il vantaggio del tempo che abbiamo già passato insieme. Con la linea della continuità sono convinto che possiamo fare buone cose».