Calcio
L’approfondimento di Gs: i “Centres de formation”, viaggio nel modello calcistico francese. La ragioni di un successo e la situazione italiana
L’Italia che non si è neppure qualificata a Russia 2018 ha dovuto subire un altro smacco: veder vincere la Coppa del Mondo alla Francia, un tempo una nazionale nettamente inferiore agli azzurri, mentre da alcuni decenni è diventata una grande del calcio mondiale. In Italia, dopo l’ultima grande ondata di talenti che ci ha portato a vincere il titolo mondiale nel 2006, con campionati sempre meno competitivi e tra l’altro con squadre spesso imbottite in maniera immotivata di stranieri (non sempre di qualità), non si intravedono all’orizzonte grandi giocatori. Diciamo pure che la finale europea del 2012 è stata l’ultimo sussulto di un’Italia sempre più povera di giocatori di valore. Falliti miseramente i Mondiali di Sudafrica 2010 e Brasile 2014 (con gli azzurri sempre eliminati al primo turno) e con l’U21 ormai incapace di vincere il titolo europeo dal 2004, i vertici Figc (impegnati a lungo in lotte intestine) hanno promesso soluzioni ai problemi mostrati dalle nostre nazionali. Va detto che qualche segnale di risveglio c’è stato con le nazionali U20 (terza ai Mondiali), U19 (impegnata all’Europeo in Finlandia) e U17 (seconda ai recenti campionati europei). Tuttavia, è ancora troppo poco e troppo presto per parlare di nuove generazioni a livello della nostra tradizione calcistica. Magari è il caso di studiare chi sta facendo da anni meglio di noi, a cominciare, su tutti, dalla Francia, dalla Spagna e dalla Germania.
IL MODELLO FRANCESE DEI “CENTRES DE FORMATION”
Vi siete mai chiesti perché la Francia sia diventata da alcuni decenni una fucina di talenti calcistici tanto da portare le varie selezioni nazionali transalpine a vincere o a piazzarsi con una certa continuità? Se non lo sapete, ve lo spieghiamo noi. Una volta la Francia era una nazionale assolutamente normale e non era infrequente che mancasse la qualificazione ai Mondiali. Il quarto posto ottenuto in Svezia, nel 1958, è stato una specie di miracolo, fino a quando i transalpini si sono piazzati nella stessa posizione a Spagna 1982. Quello, però, è stato il primo vero segnale di crescita internazionale della Francia, che poi ha vinto nel 1984 gli Europei (con uno strepitoso Platini, ndr), ha centrato il terzo posto mondiale nel 1986, il primo titolo mondiale nel 1998, il secondo titolo europeo (a danno dell’Italia) nel 2000, dopodiché ha perso un mondiale ai rigori (contro di noi) nel 2006 e l’Europeo in casa del 2016 ai supplementari contro il Portogallo, ma poi ha vinto il secondo titolo mondiale due giorni fa. In mezzo a ciò, vittorie un po’ a tutti i livelli con le proprie selezioni giovanili, sia in campoo maschile che femminile. Insomma, quale può mai essere il segreto dei francesi? Semplice, il loro segreto sono i “centres de formation“, i centri di formazione tecnica*. Sono nati negli anni Settanta del secolo scorso e all’inizio sono stati accolti con grande scetticismo perché considerati troppo costosi. Piano piano, però, dati alla mano, sono diventati il modello del calcio francese, che, a giudizio di chi scrive, l’Italia dovrebbe copiare o studiare approfonditamente. Innanzitutto, detti centri sono sempre strutture all’avanguardia e ben tenute, ma, più che altro, sono obbligatori. Il più famoso è quello di Clairefontaine, posto direttamente sotto la Fédération Française de Football (Fff), la federazione nazionale, mentre gli altri, una quarantina (uno anche ai Caraibi e uno nella zona dell’Oceano Indiano, ndr), appartengono ai club di Ligue 1 e Ligue 2, l’equivalente delle nostre A e B. Sono strutture sportive speciali, dei settori giovanili davvero unici, al cui interno i giovani (selezionati dopo attento scouting) trovano anche le scuole. Il tutto con l’intento di formare i futuri professionisti attraverso una crescita totale di quei giovani. Ritmi intensi, ragazzi trattati alla stregua di piccoli professionisti e abituati a salutare chiunque incontrino all’interno del centro (particolarmente importante l’uso della stretta di mano). A livello calcistico si lavora moltissimo sulla tecnica, assai meno sul culto della vittoria (non come in Italia, dove spesso, a livello giovanile, il rapporto è completamente inverso rispetto a quanto insegnato nei centri federali francesi). Questo porta a una selezione naturale, perché alcuni ragazzi rinunciano ad andare avanti, considerando troppo professionale e rigido tale mondo. Il fatto è che gran parte dei talenti francesi è uscito, esce e uscirà dai centri di tecnica. Questo non significa che qualche giocatore forte non possa uscire dai tradizionali settori giovanili, ma di sicuro il metodo messo su in Francia, visti i risultati sul campo, funziona alla grande. L’aspetto da rimarcare, poi, è che il binomio calcio-studio è pressoché inscindibile. I ragazzi selezionati devono solo pensare a studiare e a giocare e nel fine settimana è consentito loro di tornare dalle proprie famiglie. In genere, se un giovane calciatore ha possibilità di scegliere tra più centri, cerca di privilegiare quello a distanza non eccessiva da casa (perché è dimostrato che se si va troppo lontano da essa, c’è il rischio di fallire), ma tutto è comunque rapportato all’età. Ai giovani calciatori si insegnano anche valori umani, ma sempre con l’obiettivo finale di scovare e di affinare il loro talento calcistico. Possono entrare nei centri tecnici i ragazzi dai 10 ai 18 anni. Il lavoro di queste strutture, ormai radicate nel calcio francese, è costantemente monitorato dalla Federazione nazionale, la quale ha creato un sistema di classificazione e di parametrazione quinquennale. Vengono valutati, ad esempio, quanti diplomi scolastici sono stati ottenuti in cinque anni da ogni singolo centro, quanti giocatori under 25 hanno siglato un contratto professionistico in Francia o nei migliori campionati europei, ecc. ecc. Il centro più famoso, come detto, è quello di Clairefontaine, da dove sono usciti negli anni giocatori importantissimi come Henry, Anelka, Matuidi, l’astro nascente Mbappé e tanti altri, ma sono assai noti anche i centri tecnici di grandi club come Psg, Lione e Monaco, senza dimenticare quelli del Tolosa e del Marsiglia. Si entra nei centri tecnici grazie a degli scout che ti segnalano dopo averti seguito a lungo, mentre i provini aperti sono cosa rara. La cosa più incredibile di tutte, però, è che in un calcio sempre più internazionale, la Ligue 1 è stata a lungo e forse è ancora il campionato tra i cinque più importanti d’Europa (dunque, insieme a Premier League, Bundesliga, Serie A e Liga) col minor numero di stranieri!
I CENTRI FEDERALI TERRITORIALI DELLA FIGC
Il movimento italiano è decisamente in ritardo rispetto al modello francese (e non solo a quello), ma dallo scorso anno la Figc è corsa ai ripari istituendo i Cft ovvero i Centri federali territoriali. Il progetto pilota è partito da Firenze, ma si sta rapidamente estendendo in tutto il Paese, visto che ogni provincia dovra avere il proprio centro. Approfondiremo tale aspetto con altri specifici articoli, ma già così ci sembra chiaro che l’idea proposta sia differente rispetto a quella francese, perché i centri federali in questione non appartengono ai club.
PRO SOCCER LAB, L’ESPERIMENTO TECNICO MAREMMANO
In Maremma, già nel 2015, dall’idea del tecnico Roberto Picardi (membro dell’Inter Campus, nonché mister per un brevissimo periodo dell’Us Grosseto di Camilli) è nato il progetto Pro Soccer Lab. Picardi come allenatore dell’organizzazione Inter Campus ha avuto modo di visitare per lavoro ben 17 Paesi ed è rimasto assai colpito proprio dai modelli francese, belga e tedesco. In pratica, la Pro Soccer Lab, scuola di tecnica di calcio (che detiene insieme all’amico Gabriele Sonnini), affiliata allo Csen anziché alla Figc, si propone di insegnare solo tecnica individualmente o a piccoli gruppi di giovani (dai 10 ai 16 anni), ma non è in competizione con i club di appartenenza di tali calciatori.
*Per approfondimenti sui centres de formation è possibile leggere http://www.rivistaundici.com/2017/04/13/costruzione-talento-francese/