Terza Categoria
Giudice sportivo: respinto il reclamo di Seccarecci, che resta squalificato fino al 2 aprile
stagione sportiva 2015/2016 Oggetto: Reclamo dell’Unione Sportiva Civitella Società Dilettantistica avverso la squalifica del giocatore Seccarecci Luca (C.U. n. 20 del 4/11/2015)
Il G.S.T. così motivava – con riferimento ai fatti accaduti nel corso dell’incontro esterno, disputato in data 1 novembre 2015, tra la ricorrente e la società Invicta Grosseto calcio giovani – la sanzione irrogata al calciatore Seccarecci Luca: “Espulso perché contestava una decisione del DG offendendolo, alla notifica del provvedimento disciplinare stringeva il polso della mano sinistra del DG, senza provocare dolore, spingendo nel contempo il braccio verso il basso facendo cadere il cartellino; di poi reiterandole proteste si avvicinava con fare minaccioso trattenuto a stento da due compagni, prima di uscire dal terreno di giuoco proferiva frase minacciosa nei confronti del DG.”. L’Unione Sportiva Civitella proponeva rituale e tempestivo reclamo contestando parzialmente i fatti e, ridimensionando quanto descritto dal D.G., stigmatizzava il trattamento sanzionatorio riservato al giocatore ritenuto eccessivamente oneroso. Nel reclamo l’opponente contesta la sussistenza della condotta violenta, confinando il comportamento illegittimo nell’ambito di una vivace protesta. Il contatto non avrebbe cagionato alcun dolore e sarebbe stato finalizzato solo ad esprimere un vivace dissenso per il provvedimento che il D.G. stava per adottare; anche le espressioni, ad avviso dell’impugnante, sebbene irriguardose non sarebbero dotate di alcun connotato offensivo o minaccioso. Ritenendo che l’intera vicenda possa essere ricondotta nell’alveo dell’art. 19 comma 4 C.G.S., la società propone l’applicazione della sanzione di due giornate (la squalifica apparirebbe comunque eccessiva anche alla luce di alcune decisioni della Giustizia Sportiva, in fattispecie simili, aventi un contenuto sanzionatorio decisamente più mite) ovvero una riduzione più equa della stessa. Il reclamo è infondato e deve essere respinto. Preliminarmente deve osservarsi che nel supplemento arbitrale, espressamente richiesto dalla Corte, il D.G., al quale era stato inviato il reclamo della società, affinché il medesimo potesse fornire ulteriori delucidazioni, appare fornire un atto disorientante. Nello stesso infatti l’arbitro, che sembra non comprendere minimamente le motivazioni connesse alla richiesta e la funzione attribuita all’atto, si limita a ricopiare pedissequamente quanto già dedotto nel rapporto di gara. Occorre dunque ribadire che il rapporto di gara è sempre presente all’interno del fascicolo e non riveste alcun pregio istruttorio la mera riproposizione delle stesse frasi ivi contenute in quanto la mera rilettura delle stesse frasi non fornisce alcun elemento aggiuntivo al giudizio; il supplemento dovrebbe invece servire a chiarire il fatto, a dettagliare le condotte ovvero a contestare/confermare le censure proposte nel reclamo. Pur tuttavia si deve evidenziare che nel rapporto sono comunque presenti affermazioni in deciso contrasto con le contestazioni introdotte nel reclamo; proprio alla luce della pletora di decisioni analoghe è evidente che il comportamento assunto dal giocatore, pur non avendo avuto conseguenze (come peraltro non ha quasi nessuna spinta) è potenzialmente idoneo a cagionare conseguenze fisiche. Anche le frasi profferite (“Io posso stare fuori sei mesi, ma te non arbitri più”) appaiono palesemente minacciose. La categoricità delle affermazioni dell’arbitro nel rapporto di gara, ripetute (parola per parola) nel supplemento, sottrae la decisione, in assenza di macroscopici elementi che possano minare la credibilità del narrato del D.G., alla valutazione discrezionale dell’organo giudicante che deve uniformarsi agli esiti probatori emersi nel giudizio. Nel caso concreto la condotta denota una concreta potenzialità lesiva che emerge sia dal contatto che dal tentativo di aggressione arginato dal tempestivo intervento dei compagni; la Corte Sportiva d’Appello Territoriale rileva dunque, in tale comportamento, una condotta violenta nei confronti dell’ufficiale di gara che comporta comunque l’applicazione dell’art. 19 comma 4 lett. D) oltre alle frasi offensive contestate punite dall’art. 19 comma 4 lett. a) del C.G.S.. Pertanto la sanzione applicata dal G.S.T. risulta corretta e contenuta nell’ambito delle squalifiche irrogate per gesti simili anche in considerazione della pluralità delle condotte illecite contestate.
P.Q.M. La Corte Sportiva d’Appello Territoriale respinge il reclamo e dispone l’addebito della relativa tassa.