Grosseto Calcio
Grifone, bilancio di una stagione da dimenticare
F di fallimento, D di delusione, R di rabbia e C di consapevolezza, questi, in sintesi, sono i termini che racchiudono la stagione unionista. Certo, manca ancora una giornata al termine di questo deludentissimo campionato di Prima Divisione, ma ormai è tempo di bilanci, visto che l’unico obiettivo stagionale, quello dei play-off, è matematicamente sfumato. Dunque, proviamo ad analizzare questo disastroso campionato, tenendo conto, però, di quanto siano cambiate le cose dall’estate scorsa ad adesso.
FALLIMENTO Inutile girarci intorno: una società come il Grosseto, retrocessa dalla B, aveva il dovere di provare a risalire subito. Oltretutto, terminare in decima, undicesima o dodicesima posizione (lo sapremo solo domenica prossima) un campionato senza retrocessione, con i play-off allargati fino al nono posto è la riprova di quanto stiamo dicendo. Inoltre, tutte e tre le neopromosse sono davanti al Grifone. Due di queste, L’Aquila e il Pontedera, sono addirittura entrate ufficialmente nei play-off, mentre il Prato, a un certo punto, ha avuto una lunga flessione che lo ha allontanato dal gruppo per la promozione. Resta il fatto che – con la vittoria nel derby di domenica scorsa – i ragazzi di Esposito hanno scavalcato proprio il Grosseto e ora occupano la decima posizione. D’altronde, i biancorossi non sono mai stati protagonisti e sono quasi sempre stati fuori dalla zona play-off. Insomma, una macchia per il club unionista, che, grazie agli investimenti di Piero Camilli, è stato capace di sfiorare la Serie A per due anni consecutivi (2008-09 e 2009-10) e di militare in cadetteria per sei stagioni a fila.
DELUSIONE La delusione è la diretta conseguenza del fallimento stagionale. Tutti, ma proprio tutti, società e tifosi, speravano ed erano convinti che, alla lunga, nonostante le difficoltà iniziali, la squadra avrebbe trovato continuità di risultati e centrato, così, l’ingresso nei play-off. Purtroppo non è stato così e, anzi, soprattutto contro le squadre senza alcuna ambizione, il Grosseto è andato incontro a figure poco edificanti. Troppi, infatti, i punti gettati al vento contro Viareggio, Nocerina, Paganese, Barletta, Gubbio, Ascoli e lo stesso Prato, per poter recriminare qualcosa. Il campo ha detto che questa squadra, seppur migliorata qualitativamente in corso d’opera, non ha mai avuto un’anima e, per questo, è rimasta un’incompiuta.
RABBIA La rabbia, invece, è quella soprattutto dei tifosi unionisti, ridottisi ai minimi termini da quando la famiglia Camilli è arrivata a Grosseto nel lontano luglio 2000. Troppe delusioni consecutive (come la Serie A “scippata”, Scommessopoli con la sua estate infernale, la penalizzazione e la retrocessione dalla B), troppe esternazioni non gradite e i soliti tira e molla sul futuro societario hanno fiaccato persino i tifosi più duri e puri, figuriamoci i sostenitori occasionali, quelli che vengono allo stadio solo se la squadra va bene. Il problema è stato proprio questo: la squadra, dal 2010-11 in avanti, non è più andata bene, ma, se non altro, si trattava di Serie B. Ora, invece, con un anonimo campionato di Prima Divisione, la gente non riesce più ad entusiasmarsi e, anzi, si arrabbia dinanzi a prove ridicole come quelle, ad esempio, in Coppa Italia contro la Salernitana o in campionato contro il Viareggio (nel deludente 0 a 0 allo Stadio dei Pini).
CONSAPEVOLEZZA La consapevolezza non è roba per tutti. E’ un po’ come il buonsenso: uno ce l’ha o non ce l’ha. Ecco, non tutti a Grosseto hanno ben capito quanto sia cambiata (in meglio, sia chiaro) la situazione rispetto a luglio e agosto passati, quando Camilli (disamorato, arrabbiato e deluso) ha detto chiaramente che se ne sarebbe andato, mettendo in vendita il club. A questo, aggiungiamoci l’operazione Viterbese-Castrense, con tanto di proclami e programmazione. Di conseguenza, la squadra biancorossa allestita inizialmente e messa in mano a Statuto è stata tutto fuorché una fuoriserie, con diversi giocatori retrocessi e vogliosi di cambiare aria e un manipolo di giovani tutti da scoprire. Camilli, colpito nell’orgoglio, ha cominciato così a intervenire pesantemente sul mercato e a correggere la rosa in corsa. C’è stato anche il primo cambio di allenatore, con Cuoghi capace di far diventare una squadra tosta e quadrata un gruppo dove c’erano ancora elementi destabilizzanti. Cuoghi, però, non ha voluto chiedere gli attaccanti necessari per il definitivo salto di qualità della squadra e così, col tempo, l’asfitticità offensiva del Grifone è diventata un problema davvero troppo grande. Ecco, così, un altro cambio in panchina, con l’arrivo dell’amatissimo Cuccureddu, presentato direttamente da Camilli in un’affollatissima conferenza stampa. Lì, se qualcuno nutriva dei dubbi, ha compreso che il patron unionista era sempre innamorato del suo “gioiello di famiglia”, perché solo uno che ama così tanto il suo club può fare di tutto per provare a tornare in corsa per i play-off. Oltretutto, a gennaio la rosa è stata rinforzata opportunamente, soprattutto con tre gioielli come Ferretti, Marotta e Pagano, dei veri e propri lussi per la categoria. Tuttavia, Cuccureddu, dopo un inizio promettente, non ha saputo imprimere la svolta necessaria al cammino biancorosso e la dirigenza unionista ha pensato bene di chiamare Acori, vecchio pallino di Camilli. Ebbene, dopo aver stentato per alcune partite, il Grifone ha offerto una prestazione magistrale nel derby casalingo contro il Pisa e lì, per un po’, si sono riaccese le speranze in chiave play-off, svanite, di colpo, dopo la sconfitta interna col Lecce e, soprattutto, con lo 0 a 0 a Viareggio. Certo, la sostanza non cambia, perché questo resterà negli annali come un campionato mediocre, ma la consapevolezza della piazza deve essere quella di aver ritrovato, almeno in parte, Camilli, voglioso, stando ai “si dice”, di rivalsa.
PRESENTE E FUTURO Parlare di presente è facile. Nel senso che a reggere la baracca nei momenti di tempesta c’è rimasto l’avvocato Ranucci, che, nell’ombra e con grande dedizione, ha svolto il delicato compito di amministratore unico. Accanto a lui, il ds Magalini ha cercato di migliorare la squadra, tra l’altro alleggerendo il monte ingaggi e portando giocatori interessanti. Purtroppo, tutto ciò non è bastato, perché Camilli all’inizio era demotivato e solo col tempo ha cambiato idea e obiettivo. A livello di settore giovanile, invece, c’è stata una vera e propria rifondazione con qualche risultato incoraggiante e il futuro, in tal senso, dovrebbe portare (a breve) grosse novità. Quale sarà il futuro del Grifone, invece, inteso come club, non è dato ancora saperlo, ma una cosa è certa: con Camilli, il club (come ama ripetere il nostro direttore Vellutini) è perennemente in vendita. Questo non significa, però, che il patron unionista non sia davvero voglioso di riscatto e che, in previsione del prossimo campionato, non sia pronto ad allestire una formazione in grado di puntare al ritorno in B o, quanto meno, di arrivare nelle primissime posizioni.
Io,credo che il Grosseto sarà in vendita quando Camilli,deciderà di venderlo.Fin’ora NON l’ha mai voluto vendere!!
…direi che due sono le stagioni fallimentari……..
Carissimo mb326,
hai perfettamente ragione, ma la mia analisi è riferita alla stagione 2013-14.
In ogni caso, ho detto chiaramente che dal 2010-11 in poi il cammino unionista è stato pieno di delusioni. 😉
Guarda:
<<...Il problema è stato proprio questo: la squadra, dal 2010-11 in avanti, non è più andata bene, ma, se non altro, si trattava di Serie B. Ora, invece, con un anonimo campionato di Prima Divisione, la gente non riesce più ad entusiasmarsi e, anzi, si arrabbia dinanzi a prove ridicole come quelle, ad esempio, in Coppa Italia contro la Salernitana o in campionato contro il Viareggio (nel deludente 0 a 0 allo Stadio dei Pini…>>.