Calcio
Corina: la vita è bella perché imprevedibile
Alessandro Corina (1988) se lo ricorderanno forse pochi con la maglia del Grosseto, ma è stato uno dei pochi grossetani ad aver indossato la maglia biancorossa nell’era Camilli. Era uno dei giovanissimi che gravitavano nell’orbita della prima squadra nel periodo tra Serie C1 e Serie B, poi la sua carriera si è interrotta dall’oggi al domani. Pochi sono stato sfortunati come Corina nella storia ultracentenaria del club unionista.
– Quali sono i tuoi ricordi più belli con il Grosseto?
Nella mia vita porterò sempre nel cuore Tre ricordi splendidi legati alla squadra della mia città: la prima convocazione in C1 da parte di Mister Allegri, la seconda panchina in serie B con Mister Pioli a Bologna nello storico Stadio Dall’Ara e la giornata da Re di Andrea Lazzari.
Avevo 17 anni quando ebbi l’opportunità di fare il ritiro con la prima squadra, al termine del quale incominciai a giocare nella Berretti con gli amici della mia infanzia. Spesso mi allenavo con la prima squadra. Ricordo che era un Venerdì pomeriggio quando venni a conoscenza della convocazione per Sassari contro la Torres. Tornai a casa emozionato e ricordo che, da quanto ero felice, nemmeno mangiai. I miei genitori mi accompagnarono a fare la carta d’identità, che avevo perso lo stesso giorno; dovevo farla, poiché avrei dovuto prendere l’aereo.
Un’altra emozione unica è stata la seconda panchina in serie B. Mister Pioli è stato per me come un maestro, poiché trattava i giovani come se fossero dei calciatori veri, non faceva mai distinzione tra giocatori di prima fascia e giovani. In campo tutti eravamo uguali.
Arrivai allo stadio con gli occhiali scuri, nonostante non ci fosse il sole, per non far vedere le mie lacrime di gioia. Quando sono entrato in campo, ho visto davanti a me Due giocatori di calcio come Marazzina e Adailton. In quel momento mi sono toccato, perché mi sembrava di vivere un sogno ed invece ero li, come un bambino pieno di sogni sani e felici. Il Grosseto pareggiò 1-12 e io stetti fino all’Una nella stanza dell’antidoping con Amoroso ed Adailton.
L’ultimo ricordo che proteggo nel mio cuore con i brividi è la terza panchina in serie B, contro il Piacenza. Nello stadio della mia città, davanti ai miei amici, davanti a quelle persone che mi hanno visto crescere. Sopratutto, ero emozionato perché indossavo la maglia della mia città con il cognome della mia famiglia che nei momenti di difficoltà mi faceva il tifo e nei momenti di “gloria” mi riportava con i piedi sulla terra. Di quel fine settimana mi ricordo tutto come se fosse ieri: la preparazione di una partite decisiva per rimanere in serie B, la camera condivisa tra risate con Andrea Lazzari, il discorso del Presidente Camilli, l’incitamento del Grande Capitano Consonni, ma sopratutto il momento in cui mi stavo togliendo la casacca gialla per esordire. Era il trentesimo minuto quando Mister Pioli disse al secondo allenatore di chiamarmi per entrare, stavamo 1 a 1, Dovevamo vincere per forza. Stupito, ma con la consapevolezza di potermi giocare le mie carte, mi stavo preparando per entrare in campo, ma ad un certo punto sentii urlare “Tira!!” e Lazzari con un tiro da centrocampo segnò il suo secondo goal, facendo esultare tutto lo stadio.
A quel punto Mister Pioli decise giustamente di far entrare un difensore al posto mio. Non mi rimase altro che andare ad esultare insieme a Consonni, Innocenti, Bressan, Lazzari, Gessa, Garofalo sotto la curva che era piena di persone felici per una giornata bellissima ed emozionante sotto tutti i punti di vista.
– Dove hai svolto la trafila delle giovanili?
Ho iniziato a giocare all’eta di Cinque anni nell’Invicta del Presidente Dino Seccarecci. Ho avuto la possibilità di trovare nel mio percorso di crescita calcistica allenatori come Carraresi, Cristiano Papini, Barbero, Aldo Chieffo e Marini, che mi hanno insegnato qualche trucco per fare goal.
Nel 2004-2005 mi acquistò in prestito l’Arezzo. Fu un anno difficile, ma indispensabile per la mia crescita perché vivere lontano dalla famiglia a Sedici anni è una dura prova da affrontare. Comunque, si tratta anche di una esperienza importante sopratutto per cercare di diventare uomini quanto prima. Di quella stagione conservo con affetto e stima le amicizie con Samuele Sereni, ex giocatore del Grosseto, e Lorenzo Burzigotti, attuale difensore unionista. Nel 2005-2006 sono tornato a vestire la maglia della mia città, riabbracciando i miei amici Ferrini, Piccioni, Olivelli, Contri,Sabatini e tanti altri.
– Per un paio d’anni sei stato nel giro della prima squadra, ma non hai esordito. Hai qualche rimpianto?
Si, ho un unico rimpianto: non aver esordito. Nonostante la rottura del crociato, nel 2006 sono riuscito a togliermi la soddisfazione e il desiderio di essermi allenato con giocatori e uomini di spessore. Indossare la maglietta della tua città anche solo per tifare i tuoi compagni dalla panchina è stata un’emozione splendida che auguro come minimo traguardo a tutti i bambini e ragazzi che amano il calcio con passione.
– Una domanda su come è finita la tua carriera, purtroppo, è d’obbligo.
La vita è bella perché è imprevedibile; se non fosse così, saremo tutti delle macchine. Il 31 Dicembre del 2007, come tutte le notti di capodanno, stavo andando a casa di amici per festeggiare e la mia macchina fu colpita frontalmente da un’altra vettura, provocandomi la rottura del femore. In quel momento la mia mente venne sovrastata dalla paura di non poter giocare più a pallone, ma la consapevolezza di essere ancora vivo dopo quell’impatto mi fece capire di aver avuto un grande angelo custode in cielo a proteggermi.
La corsa in ospedale, l’attesa dell’operazione, la bravura del Dottor Simonetti e del Dottor Dell’Anna mi resero sereno per affrontare tutto il resto. La carica per non mollare me la donarono la mia famiglia e la visita dell’intera squadra, Prima squadra e Primavera, in ospedale. Ricordo che all’incitamento di Mister Pioli scoppiai a piangere perché avevo capito di aver perso il secondo treno della mia vita, ma ero convinto che con la determinazione e la voglia di vivere con il sorriso avrei trovato un’altra passione come era stato il calcio a livelli professionistici.
– Di cosa ti occupi adesso?
Dopo l’incidente, i miei progetti sono cambiati ed ho avuto la fortuna di laurearmi in design. Mi occupo di tutto quello che riguarda la progettazione di interni per qualsiasi abitazione. Questo settore mi sta permettendo di vedere il mondo, di conoscere le persone e di di aiutarle a realizzare la propria casa proprio come la sognavano.
Quando le persone mi invitano a cena nella nuova casa è come se avessi segnato un goal in serie B su assist di Consonni. La vita è meravigliosa perché, se vuoi ti da sempre l’opportunità di gioire per qualcosa di nuovo, se credi in te stesso. Da un mese mi trovo a Londra per studiare l’inglese, ma ad Aprile tornerò in Italia perché la mia casa e la fiera del mobile di Milano mi aspettano.
– Segui ancora il Grosseto?
Da quando ho dovuto lasciare la maglia della mia città ho avuto l’occasione di vedere il Grosseto allo stadio per vedere da vicino i miei amici Sereni e Burzigotti. Sinceramente entrare dentro lo Zecchini mi mette un po’ di malinconia, ma tifo e sogno di rivedere il Grosseto in serie B magari con un goal di testa di Burzigotti nella finale di Play-off di quest’anno.
– Sei ancora in contatto con i tuoi ex compagni di squadra?
Ho avuto la fortuna negli ultimi Due anni di instaurare un bellissimo rapporto con la famiglia Consonni e tuttora sento con estremo piacere Duccio Innocenti e Andrea Gessa, grandi uomini. Quando penso al passato, ricordo volentieri tutti i miei ex compagni.
– Siamo giunti alla fine della nostra chiaccherata. A te la parola.
Mi sento un ragazzo fortunato, perché ho avuto la fortuna di crescere con dei valori come l’educazione e il rispetto per il prossimo. Questo grazie alla mia famiglia, alle persone che mi vogliono bene, alle persone che mi hanno fatto del male insegnandomi come non comportarmi nella vita, alle sofferenze, ma sopratutto all’amore che ho ricevuto e che sto ricevendo.
Ho sognato di fare il calciatore per Quindici anni e non ho avuto l’onore di debuttare nel calcio professionistico, forse a causa degli infortuni, ma essendo religioso penso che la rottura del crociato e sopratutto l’incidente sono stati dei segnali per farmi capire che la mia serenità e la mia felicità non sarebbero arrivati tramite il mondo del pallone, ma tramite il design come sta accadendo.
Ai giovani che leggeranno questa intervista dico di non mollare mai e di essere determinati a raggiungere i propri sogni. Sopratutto se il sogno è quello di fare il calciatore, è importante non chiudere altre piccole porte per aprire quel portone. In questo mondo fino all’89° minuto potete vincere 1 a 0 e al 92°potete perdere 2 a 1 e vedervi sconfitti anche non per colpa di propri demeriti. Tutto questo l’ho vissuto sulla mia pelle e, grazie alla mia famiglia, ho lasciato la porta dello studio aperta. Questa porta si è trasformata in un portone pieno di soddisfazioni ed emozioni.
grande ale, complimenti mi hai commosso… un abbraccio grande
Grazie Nico….quando torno da Londra organizzo un tavolo all’allegria, visto che tutti ne parlano bene….
Bellissime parole, grande Ale… In bocca al lupo per tutto… Johnny
Grazie mitico Jonny…e crepi….:-))